ITALIANO – (English see later)
Siamo ormai molto vicini alla conclusione del nostro viaggio. La distanza da coprire in linea d’aria è di circa 500 km, che decidiamo di allungare sensibilimente e dividere in due parti. La nostra ultima tappa è il picco del continente, i 2228 m del monte Kosciuszko in New South Wales; impiegheremo circa mezza giornata a raggiungerlo dal Lake Eildon National Park. Lasciato il parco la mattina, ci dirigiamo verso la Hume Highway, per risalirla verso nord per un paio di centinaia di km. Sosta per una pausa pranzo a Glenrowan, un piccolo villaggio lungo l’autostrada che ospita una gigantografia di Ned Kelly, una figura storica per questo paese. Ned Kelly era un bushranger, un fuorilegge; ovviamente, essendo un fuorilegge diventato leggenda doveva star simpatico a qualcuno e antipatico, molto antipatico, a qualcun altro. Essendo di origine irlandese, non vedeva di buon occhio la classe abbiente anglo-australiana che cercava di dettare le regole, ribellandosi e diventando un idolo popolare. Curioso entrare in un piccolo villaggio (dove il nostro eroe è stato assassinato) e vederne una statua con tanto di saloon che mette in scena da anni l’episodio della sua uccisione: cosa non si fa per attirare turisti! Una bella lezione ad altri paesi, come il mio per esempio, dove un patrimonio inestimabile è lasciato a se stesso a marcire. E’ anche interessante confrontarsi con Katie sugli episodi della nostra storia: è vero che un europeo è portato a diffidare o minimizzare questo tipo di storia, ma se si vuole capire un paese giovane e tuttora in formazione come l’Australia di qui bisogna passare. Leggende come quella di Ned Kelly, o il cane sulla scatola del cibo (orribile traduzione di “The dog on the tuckerbox”) che abbiamo visto il primo giorno del nostro viaggio (che bella quasi simmetria!) fanno parte della popolarità, e aiutano a capire l’attaccamento a certe usanze (anche se si corre il rischio di stereotipare tutto).
Lasciamo Ned Kelly al suo destino, e ci rimettiamo in viaggio. All’altezza di Wodonga lasciamo ancora l’autostrada, costeggiamo il lago Hume e ci dirigiamo verso le montagne nevose (Snowy mountains) lungo la via alpina, un po’ il passo dello Stelvio delle alpi australiane. La strada è meravigliosa, un lungo nastro che si svolge tutto all’interno di grandi valloni, con una pendenza non molto ripida che ti da il tempo di abituarti all’idea che stai salendo parecchio in alto. Gli ultimi 50 km della giornata, da Khancoban a sono abbastanza impegnativi, la strada ora raggiunge pendenze del 10% ed è molto stretta. Saliamo sul versante ovest della valle, e guidando sulla sinistra abbiamo lo strapiombo sempre a pochi metri da noi; mano a mano che ci addentriamo nel Mount Kosciuszko national park il paesaggio diventa sempre più alpino e idilliaco, siamo immersi nel verde, e ad ogni angolo in cui svoltiamo spaventiamo sempre qualche uccello coloratissimo che se la fila via. Nella nostra salita verso il passo ci fermiamo ad un punto panoramico per fare un po’ di foto, preoccupandoci per l’ora un po’ tarda che si è fatta: in effetti non possiamo fare meglio che tenere una media di 40 km/h da circa 2 ore, e quello che sulla carta sembra essere pochi cm si rivela essere un tratto abbastanza lungo. Ad un certo punto cominciamo a vedere segnali lungo la via che indicano zone di campeggio; ci fermiamo al primo, sul lato di un fiume ingrossato dallo sciogliersi delle nevi che ancora ricoprono le cime delle montagne intorno. All’inizio non vediamo nessuno intorno a noi: pensiamo che il luogo sia deserto, nonostante indicato come campeggio del parco nazionale (e quindi a pagamento in questo stato), ma addentrandoci nella boscaglia e allontanandoci sempre più dalla strada ci rendiamo conto che ogni singola area è occupata. Non è un caso: è un altro posto meraviglioso, da copertina. Io qui ci verrei per un ritiro spirituale per una settimana due o tre volte all’anno; è a dir poco meraviglioso, un posto immerso nella vegetazione più rigogliosa, percorso in lungo e in largo dal tuonare del fiume e dalle acute risate di quelli che ho eletto essere i miei uccelli preferiti, i kookaburra. Davero un peccato non trovare posto; delusi, allo stesso tempo leggermente preoccupati perchè il Sole sta ormai calando dietro le silouette delle montagne e non abbiamo ancora trovato un posto dove accamparci, proseguiamo lungo la via che porta a Thredbo, ma fortunatamente troviamo un’altra area campeggio dopo pochi km, e ci accampiamo. Anche qui c’è parecchia gente, ma l’area è molto più grande, non è compresa nel parco nazionale e quindi interamente gratuita (certo, nessun tipo di servizi). Ma il gioco è valso la candela; che spettacolo! Ci defiliamo dagli altri campeggiatori, e sbuchiamo in una rada di (abbastanza) alta quota, in cui gli unici spettatori interessati (ma neanche tanto) ai nostri movimenti sono i canguri, tanti canguri, una marea di canguri, che popolano per intero lo spiazzo di erba verdissima davanti a noi colorandolo di macchie grige che si sperdono all’orizzonte. Dobbiamo esserci fermati su una via di comunicazione: è successo due volte durante le ultime ore di luce in cui stavamo organizzando l’accampamento, che gruppetti di canguri uscissero dalla boscaglia e si fermassero impietriti davanti a noi. Si fermano di colpo, orecchie su, occhi che giran a destra e sinistra ragionando sul da farsi, e poi ci girano attorno stando attenti a non interferire. Sono troppo simpatici.
Montiamo la tenda in un batter d’occhio (ormai siamo sotto al minuto, possiamo partecipare alle olimpiadi) e prepariamo la cena; la serata è magnifica, un po’ fradda ma memorabile. Il cielo è chiaro, stellato, con una mezza luna che illumina il paesaggio tutto intorno. Possiamo vedere il profilo irregolare delle montagne intorno a noi, e ogni tanto sentire qualche canguro saltare poco lontano. E’ con questa atmosfera da fiaba che ci addormentiamo per l’ultima volta nella nostra tenda, pensando ancora una volta a tutti i giorni che abbiamo passato in viaggio, sentendo ormai la fine dello stesso vicina, accompagnata da sentimenti contrastanti: felicità per avercela (quasi) fatta, ma anche tristezza perchè un periodo tra i più felici, belli, avventurosi e spensierati della nostra vita sta giungendo al termine. Quanto sarà difficile tornare alla normalità? Non ci è dato di saperlo, fa parte dell’esperienza e lo scopriremo nelle prossime settimane. Nel frattempo, la notte passa tranquilla, e come al solito ci svegliamo al primo calore del sole nella tenda, con la colonna sonora di diverse specie di uccelli che sembrano fare a gare per chi è più chiassoso.
Per l’ultimo giorno del nostro viaggio abbiamo in programma una bella scampagnata. Guidiamo verso Thredbo, un piccolo paesino turistico sul passo della via alpina, che immaginiamo essere pieno di vita in inverno, ma non troppo in primavera. Per salire in vetta alla montagna dobbiamo per forza prendere una seggiovia che ci porterà a pochi (6.5) km dalla vetta. Il paesaggio tutto intorno è peculiare: la vegetazione risente ancora di un terribile incendio verificatosi pochi anni fa, e tutto intorno a noi possiamo vedere molti tronchi di alberi spogli, bianchi e cadaverici, che si mischiano alla vegetazione verde e viva, e creano un effetto scacchiera che è un poco disturbante. Una volta in quota però la musica cambia, il paesaggio e il panorama sono magnifici, tipicamente alpini. Sulla nostra via dobbiamo attraversare anche pochi spiazzi di neve, lunghi anche una cinquantina di metri; l’aria è fredda, la nebbia fitta va e viene, e mentre percorriamo il percorso che dalla seggiovia ci porta in vetta non riusciamo a vedere la cima. Ma sappiamo che è li davanti a noi, e in un’oretta la raggiungiamo. Siamo sul punto più alto dell’Australia, dopo essere stati nel punto più basso, e anche questa è una simmetria che siamo contenti di avere aggiunto al nostro viaggio; la passeggiata in vetta vale davvero la (poca) fatica. Non contento dell’altezza raggiunta, spicco un salto in scioltezza per issarmi sulla piccola struttura colonnare che marca il punto più alto; foto di rito, e ritorno verso Thredbo balzellando di gran carriera.
Abbiamo camminato per soli 13 km, ma siamo stanchi. Ma abbiamo ancora 200 km da percorrere per arrivare a Canberra. L’emozione sale man mano che arriviamo a destinazione. Stiamo davvero arrivando alla fine del nostro viaggio; siamo fisicamente, e forse anche mentalmente, stanchi. Arrivare a destinazione sembra un po’ una liberazione, ma questa è una valutazione molto superficiale, principalmente basata sulla stanchezza; quanto ci mancherà il viaggio? Beh, mentre scrivo queste righe sono passati circa due mesi e mezzo da quel giorno (28 di Novembre, ma guarda un po’ che altra bella simmetria, un altro 28!) e non passa giorno che il ricordo si fa spazio nella memoria, che la voglia di ripercorrere tutti quei km e rivivere tutte quelle emozioni si fa prepotente dentro di me. E’ stata davvero un’esperienza fortissima. Non è stato un viaggio. Non è stata una vacanza, è stata una ricerca continua del significato delle cose. Poche sono le esperienze che ho fatto in vita mia che mi hanno davvero insegnato qualcosa di importante su di me che prima non sapevo. Questa è sicuramente una. Io mi sono messo in gioco, e penso di averne ricavato di più di quanto ne abbia preventivato; sono contento. La felicità va e viene, la contentezza è duratura, più feconda e meno instabile. Mi piace davvero la definizione di contentezza, che voglio condividere qui, perchè credo che descrive meglio di quanto io possa fare lo stato in cui mi sento quando penso al nostro viaggio e quello che questa esperienza ci ha dato. La contentezza è moderata allegria, che deriva dall’essere soddisfatti di ciò che abbiamo; è contento chi si sente appagato, e lo dimostra con beata tranquillità. Io auguro a chiunque abbia avuto la pazienza di seguirci in queste nostre avventure di provare questo stato d’animo almeno una volta nella vita: non se ne può più fare a meno.
PS: due settimane fa abbiamo venduto Giada, il nostro Mitsubishi Pajero, l’auto che per noi è stata come una casa per tre mesi. L’abbiamo venduta a una coppia di turisti olandesi, anche loro qui in vacanza lavoro. Ora siamo ormai agli sgoccioli della nostra presenza in Australia, e visto che non ci serviva più l’abbiamo venduta ad una coppia di giovani olandesi venuti in vacanza-lavoro in Australia. Il distacco mi pesa, a vederli guidare la nostra macchina lontano da noi mi è venuto un po’ il magone; ho pensato a tutte le avventure passate in tre mesi densissimi e meravigliosi. La mia prima macchina, un gippone poderoso con cui ho attraversato il deserto e visto i paesaggi più spattacolari che si possano immaginare, sul serio. Addio Giada e grazie di tutto. Goditi il tuo terzo viaggio intorno all’Australia.
ENGLISH
Wow, so we are really nearly at the end of the story of our trip now! At the time we could hardly believe it. After three months of travelling, we were now only one night and a few hundred kilometres out from our final destination. There would be only one more night of camping, somewhere in the Australian alps, strange to consider now that the tent felt so much like home!
Two and a half months earlier, we had stood at the edge of Lake Eyre, the lowest point in Australia. The following day we would walk to an altitude of 2228m at the peak of Mt Kosciusko, and stand at the top of Australia. Coming from Lake Eildon National Park, we approached Mt Kosciusko from the west, winding first along the Great Alpine Way and camping at a very nice place called “Tom Groggin” where we were treated to a beautiful sunset, sharing a peaceful valley with an enormous herd of kangaroos.
The next morning we drove further to the alpine village of Thredbo, from where we caught a chairlift up the mountain. From the top of the chairlift, it was another 7 or 8 km to the top of Mt Kosciuszko. A really pleasant walk, because there is boardwalk all the way! There were a few patches of snow across the path. Mt Kosciuszko itself is a rather flat-topped mountain, but the view from the top is really lovely and it’s enchanting to watch the clouds move rapidly around the peak and through the shallow valley just below.
It was another pleasant walk back down and then we were back in the car once again and on our way to Canberra, hoping to reach home in time for dinner! :-). I was very impressed returning home this time, somehow all the journey we have made, all the kilometres we have covered, gave a different light to my home town upon returning. And I do love the landscape, the mountains, the colours of the grass! We were very excited to return too, so thrilled at what we had done and that we had managed it, and a little in trepidation for what was going to come next: job-hunting …
We are writing this much later, of course, in fact I am writing this post from the bus to Sydney (a bus with wifi! Amazing…) and we have spent the past couple of months job-hunting, first for jobs in Australia, and then in Europe. Two weeks ago we sold our dear Mitsubishi Pajero to a Dutch couple come to work and travel around Australia. Well, by now Giada surely knows the way! Renzo was wiping away a little tear as our car disappeared down the street. We wish her lots of luck and plenty of love, care and oil changes!
Our bus is now heading to the international airport! Do you want to know what is happening next? Well we would like to tell you but we don’t even know! Which country will we live in? Dunno! It’s the day of my 30th birthday, and all we know is that we are looking forward to our next adventure! We might have to start a new blog … :-), writing this one has been a lot of fun.
Thank you all for reading!